Lia Origoni: una Voce regina in palcoscenico

L’Unione Sarda – 12 aprile 2014

RICORDI E ANEDDOTI DELLA CANTANTE MADDALENINA

Classe 1919. Quest’anno va per i 95 ma con l’energia contagiosa, la vitalità sbarazzina, la memoria d’elefante che si ritrova, la signora può — senza essere accusata di civetteria – comodamente farsi lo sconto di almeno vent’anni. «Eh, non esageriamo: qualche acciacco c’è», puntualizza col sorriso. La voce è ancora squillante, limpida, neppure un’increspatura di toni: è stata il suo strumento di lavoro, un dono di natura che l’ha fatta salire sul palcoscenico a 4 anni, per calcare poi quelli più importanti del mondo della lirica, del teatro, del varietà, per chiudere volontariamente a soli 49 anni, al culmine della popolarità. «Non ho conosciuto il tramonto», chiosa con modestia. «Da buona sarda, sono sempre stata riservata».

Lia Origoni - Unione Sarda 12 Aprile 2014

Lia Origoni – Unione Sarda 12 Aprile 2014

Dalla casa di La Maddalena – sua città natale – la signora Lia Origoni sfoglia l’album dell’incredibile carriera artistica, un rutilante romanzo avventuroso, infarcito di mille aneddoti, dove entrano Toto, la Magnani, Macario, Tito Schipa, Tajoli, Goebbles, il Teatro alla Scala, l’Eiar, tournée nelle grandi città europee da Berlino a Parigi, dall’Egitto alla Polonia e un’infinità di riconoscimenti. «Diciamo che ho avuto una vita soddisfacente. Non ho rimpianti». Complicato comprimere il variegato curriculum in un articolo, ma tutto si trova nel suo sito internet o nel documentatissimo libro che gli ha dedicato Gian Carlo Tusceri o nel docufilm di Tore Manca di imminente uscita.

Da dove iniziare, allora, se non dal primi vagiti?
«Sono nata cantando, a 8 anni avevo già la voce formata da donna, quando mi sentivano pensavano fossi una nana».

Ha fatto studi di canto?
«Autodidatta completa. Quando me lo hanno imposto ho perso la voce. C’era un maestro che pretendeva che cantassi imitando la sua ugola…».

La svolta carriera?
«Nel 1934 mi sente il grande tenore Bernardo De Muro. Intuisce le mie qualità e mi spinge a continuare. Vado in Liguria e nel 1936 vinco a La Spezia il concorso nazionale per le voci nuove. Due anni dopo ottengo la borsa di studio del Teatro dell’Opera di Roma. E l’anno dopo ancora sono la prima cantante a ottenere un contratto dall’Eiar».

A vent’anni era già ma celebrità.
«Vero, e anche un po’ sfrontata. Subito dopo aver vinto la borsa di studio – ero ancora una sconosciuta – mi presento alle audizioni del cast della rivista di Totò-Anna Magnani. Dico: “voglio 300 lire al giorno”».

Una bella cifra nel ’38…
«Allora Totò ne prendeva mille, la Magnani 600. L’impresario mi guarda stupito, è pronto a cacciarmi dalla porta ma mi concede un provino. Attacco “Tu che mi hai preso il cor” e all’acuto per le vibrazioni cade un pezzo di intonaco dal soffitto. L’impresario mi fa: “se cade ancora ti faccio il contratto”. Canto, nuovo crollo, firma immediata».

Che persona era Totò?
«Ho un ricordo struggente. Con me è stato un buon padre, mi ha sempre protetto. Mi aveva proibito di tagliare i capelli, che avevo lunghi. Quando dieci anni dopo sono tornata a lavorare con lui, sono stata la prima-donna della compagnia».

E la Magnani?
«Con lei un rapporto burrascoso. Accadde che la mia partecipazione oscurava la sua, il pubblico alla fine applaudiva me. Se ne accorse e mi mollò un calcione. Ne presi uno anche dal grande mezzosoprano Ebe Stignani. Sostituii all’ultimo momento una cantante nell’Orfeo di Gluck, nessuno mi aveva detto che non dovevo uscire in scena con la signora. Anche lì mi presi gli applausi e lei, inviperita, mi assestò un calcio».

Diventa un nome del teatro leggero e qualcuno la nota…
« Un famoso talent scout tedesco, Duisberg, mi scrittura per la Scala di Berlino nel 1942. Ogni anno organizzava un concerto speciale di musica classica. C’erano il grande Tito Schipa e Caterina Boratto. La quale si ammala prima del debutto. Che fare? Schipa mi implora: “lei mi deve salvare”. Entro, canto Core ingrato: senza microfono, in mezzo alla sala tra duemila persone. Un trionfo. Sette chiamate, tanto che Schipa alla fine mi accompagna e dice al pubblico: ora vorrei continuare lo spettacolo. Alla fine tutti i giornalisti erano intorno a me, e lui in un angolo».

Lei colpisce il pubblico e più in alto…
«Ricevo un invito a cena da Goebbels, il famoso ministro della Propaganda. Rispondo al direttore del teatro: “mi avete invitato per cantare o per una cena? Se c’è lui, non ci vengo”. Si rischiò l’incidente diplomatico».

Arriva la guerra, che succede?
«Scappo. Ero a Berlino quando la bombardano, torno rocambolescamente in Italia, porto via i miei da Roma, salvi anche loro sotto le bombe, in Toscana. Anni durissimi, per tutti».

Con la Liberazione, torna al lavoro.
«Passo alla prosa, dove non mi vedono di buon occhio. Faccio varietà con Macario. Lui mi volle a tutti i costi, accettai a patto che avessi il mio nome accanto al suo. A Macario questo non piaceva, ma accettò. La sera, prima del debutto vidi i cartelloni: “Macario e le sue donnine”. Un insulto per me, oltre che un mancato rispetto del contratto. La notte ristamparono i manifesti. Ma poco dopo mi rifece lo scherzo e lo abbandonai».

Gli aneddoti sono troppi, come gli spasimanti («tanti, ma amori pochissimi e sfortunati») però Lia Origoni ha una forza d’animo incredibile. Dopo il ritiro dalle scene, per 18 anni ha diretto una scuola internazionale d’inglese a Roma. Poi è tornata a La Maddalena per accudire i genitori e a 80 anni ha scoperto il computer. Ha salvato 250 bobine delle sue interpretazioni che la Rai stava mandando al macero, da perfetta autodidatta s’è inventata un programmino per ripulirle e restaurarle, salvando un patrimonio culturale italiano. E ancora oggi, tra Facebook e software. armeggia col pc. «Sa, sono curiosa, c’è sempre qualcosa da imparare… »

Sergio Naitza