Stampa Sera: dalla “Scala” di Berlino alla “Scala d’Argento”
STAMPA SERA 26-27 Maggio 1944
Ho visto a teatro
Voi la vedete Lia Origoni quando entra in scena: un’aria compunta, una flessuosità lenta di movimenti, lo sguardo ieratico fisso al cielo o a terra, le mani quasi sempre congiunte, come in atteggiamento di preghiera. Ma poco dopo, quando l’orchestra attacca ed ella inizia il suo canto, da quella figurina elegantemente snella, da quel volto sottile dominato dagli occhioni neri e limpidi, si spande un fascino che tu non sai, a tutta prima, se proviene dalla persona o solamente dalia sua bella voce ma, poi ancora, t’accorgi che esso é un’emanazione simultanea dell’una e dell’altra, che se non fossero accoppiate, non otterrebbero, sul pubblico, il risultato che ottengono. Dunque, Lia Origoni è affascinante per se stessa e per il suo canto: il che dimostra che in rivista, per riuscire, si dev’essere belle e brave, a differenza della lirica dove basta essere solamente brave. Se la graziosa Lia fosse, mettiamo, come Lina Pagliughi, alla rivista non dico che avrebbe dovuto dire addio, ma neppure pensarci. Ma badate che anche la Origoni sarebbe stata una brava cantante lirica se… (mi astengo dal proseguir perché il motivo per cui non é diventata tale, lei non lo ha detto, nascondendolo sotto uno smagliante sorriso che invece ha scoperto, trentadue purissimi denti). si, perché dovete sapere che Lia, quand’era molto giovane frequentò la scuola di canto del Teatro dell’Opera, a Roma, e per due anni consecutivi si guadagnò due borse di studio. Ma poi… poi passò in rivista e fu Michele Galdieri a farla esordire nel Natale del 1940 nella sua «Quando meno te l’aspetti…». Successivamente, nel ’41, con Rabagliati, fu in un’altra rivista dello stesso Galdieri : « E’ bello qualche volta andare a piedi » e nel ’42 prese il volo verso Berlino. Esordì alla «Scala», il massimo teatro di rivista della capitale germanica, e grande fu il suo successo; l’anno seguente, scritturata al «Winter Garten» come vedetta assoluta in una grande rivista, si affermò definitivamente, tanto da ottenere per il prossimo biennio 1944-46 un’altra scrittura alla «Scala» che, se pure distrutta dalla furia devastatrice dei vandali dell’aria, continua le sue rappresentazioni in altro teatro. Nel periodo della, sua permanenza in Germania, la Origoni ha preso parte a un concerto con Tito Schipa ed ha compiuto un giro in Polonia. Come vedete, la breve ma brillante carriera di questa giovane e virtuosa cantante, iniziatasi nel suo Paese», si è svolta in massima parte all’estero con risultati lusinghieri di cui ella è consapevole, ma che non le stimolano superbia e orgoglio. Lia è una brava ragazza: semplice, tranquilla, modesta. Il suo carattere denuncia le suo origini, che, essendo ella nata in Sardegna, da genitori sardi, ha, come i suoi conterranei, un temperamento solido, alieno da facili entusiasmi e proclive alla serietà del lavoro con quella forza di volontà, di tenacia e di onestà che è una prerogativa della magnifica gente sarda. Parlando del suo periodo artistico berlinese Lia si illumina tutta in volto: oltre le soddisfazioni professionali, che sono per lei come un esame vittoriosamente superato, ella ricorda le cameratesche accoglienze, la cordiale ospitalità offertale nella capitale del Reich. Anche fuori del teatro, era come se si trovasse a casa sua, e in fatto di farsi comprendere, dato che non parla tedesco, ella si esprimeva in francese e qualche volta in italiano. Ma ora, nella imminenza del suo ritorno in Germania, sta studiando il tedesco onde evitare il ripetersi di inconvenienti che le sono capitati parlando francese o italiano: inconvenienti, intendiamoci, di lieve importanza che si producevano quando ella s’incontrava a parlare con persone che o non conoscevano il francese o non conoscevano l’italiano… Un giorno, ai magazzini «Kadewo», interpellando in francese, un commesso, per certa roba che doveva acquistare, questi tentò di farle capire, in tedesco, che non conosceva quella lingua; allora Lia, sconfortata, disse fra sé, a mezza voce, in sardo, una frase di disappunto: «Che lastima, comenti debiti faedaii? » (« Che bel guaio, come devo parlare?») Al che il commesso, sgranando gli occhi, aggiunse: «Ma signorina, parli pure italiano o sardo. Ci intenderemo … ». Era sardo anche lui; e per tutto il tempo che durarono gli acquisti, Lia e il commesso parlarono il loro dialetto-lingua che facilitò notevolmente l’operazione. Lia Origoni, dovendo ritornare In Germania, si prepara a studiare il tedesco, ma non esclude la probabilità di esprimersi anche in sardo, quando sarà lassù, visto e considerato che i suoi conterranei non si trovano solamente sull’isola, ora sfortunata, cara al suo ricordo di fanciulla, ma anche a Berlino, fra gente amica. Per il momento Lia è qui fra noi, per pochi giorni ancora, stella luminosa in cima alla «Scala d’argento» e di là irradia, con la grazia della sua voce, un po’ di letizia, di soavità, d’incanto.
ant. barr.