Io son l’umile ancella – 5 Parte
Lia decise quindi di portare tutta la famiglia via da Roma e, “fatti i fagotti”, si trasferì in Toscana presso gli zii. Iniziò a dare lezioni ai figli dei contadini del posto, in cambio di viveri, divenendo così “proprietaria” di 1/2 maiale. I tempi erano duri per tutti, ma in campagna comunque si riusciva sempre a trovare qualcosa. Dopo poco si spostarono a Monsummano Alto presso una pensione; Lia arredò le stanze con le stoffe, con cui aveva sempre personalizzato i suoi camerini, finché una notte furono svegliati dai rumori dei carri armati del i Feldmaresciallo Kesserling che requisì l’alloggio per i suoi militari.
La famiglia quindi fu costretta a trasferirsi nuovamente presso i familiari a Mosummano Basso. Lia doveva lavorare per tutti. Si presentò quindi all’ Eiar di Firenze dove c’era il maestro Barsizza e venne subito scritturata. Con il maestro Barsizza prima, e con Petralìa poi approfondirà il repertorio romantico dell’800 (Denza, Tirindelli), da Firenze passa a Milano all’Olimpia scritturata per lo spettacolo “la Scala d’ argento” di Roversi con Orazio Costa e Luciano Tajoli.
Successivamente venne scritturata per una tournée (1944) a Brescia, Piacenza, Genova e poi Milano; il viaggio per alcuni tratti fu fatto con una Fiat Topolino sul cui portabagagli era stato posto il baule dei costumi. Ancora una volta il baule fu la sua salvezza: sul passo del Turchino, furono colpiti dalle raffiche di mitra di un aereo e il baule ne assorbì fortunatamente i colpi.
Finalmente arrivarono a Milano piazza finale della rivista. Tutti gli alloggi liberi erano requisiti dalle autorità per sistemare ospiti improvvisi, tra cui le compagnie teatrali, e le disponibilità erano affidate ad una agenzia del governo, che destinò alla Origoni un alloggio in centro.
Lia arrivò intorno alla mezzanotte, davanti ad un portone di fronte al Castello Sforzesco, la portiera, abituata a queste improvvise sveglie notturne aprì l’appartamento, e riconoscendola le chiese una foto con dedica. La casa in cui fu ospite per una notte era quella della prima moglie di Montanelli, requisita come tante all’epoca per gli usi di stato con tutto quello che vi era dentro. Non tutti gli ospiti però si accontentavano solo di dormire… alla fine del periodo di requisizione dell’appartamento infatti non furono più trovate le pellicce che erano custodite negli armadi.
Non avendo altre testimonianze documentali su chi avesse abitato la casa nel lungo periodo di requisizione, la foto di Lia autografata e consegnata alla portiera, divenne l’unico indizio di una accusa infamante. Montanelli infatti usò la sua penna per lanciare velate accuse all’artista dalle pagine del Corriere. Lia immediatamente sporse denunzia, per diffamazione contro Montanelli, ma appena giunse al Commissariato incontrò il commissario Altea anch’egli maddalenino, che riconosciutala, si mise subito a disposizione. Convocò immediatamente Montanelli, e iniziò indagini e ricerche che portarono in breve all’effettiva responsabile, un’attrice tedesca che per vari mesi era stata ospite della casa. L’incontro con Montanelli fu degno di una scena di teatro, Lia che all’epoca possedeva numerose pellicce, disse al giovane e rampante giornalista: “Ho tante di quelle pellicce (erano ben 6) da poter rivestire, se vuole …Lei e tutta la sua famiglia !” ricevendone quindi le imbarazzate scuse.